« Abandonnés aux frontières » mini-documentaire de Médecins Sans Frontières

Visionnez le mini-doc, 14/1/2021, cliquez ici.

Voir la traduction française à la fin.

Alle frontiere del Nord Italia migranti e rifugiati in transito sono di nuovo in forte crescita negli ultimi mesi.

Ovest le persone, anche d’inverno, attraversano le montagne innevate per raggiungere la Francia e raccontano dei continui respingimenti a opera della polizia francese, mentre a Est arrivano dopo aver percorso a piedi la rotta balcanica, passando per boschi e sentieri, spesso denunciando di essere stati picchiati dalla polizia bosniaca o croata.

Anche se i numeri sono ridotti rispetto a qualche anno fa, restano identiche le umiliazioni, le violenze, le fatiche e le vessazioni che sono costretti a subire uomini, donne e bambini durante il viaggio. L’obiettivo di arrivare è l’unica cosa che li tiene in piedi, nonostante tutto.

Nelle città di frontiera le istituzioni sono del tutto assenti e l’accoglienza, l’assistenza umanitaria, il supporto medico sono lasciati nelle mani di attivisti e volontari a cui offriamo supporto.

A metà dicembre due nostri team hanno percorso i principali punti di transito dei migranti a Ventimiglia, Oulx, Bolzano e Trieste. Di seguito le testimonianze raccolte e le richieste alle autorità italiane per garantire in tutte le aree di frontiera adeguati servizi di alloggio, assistenza e accesso alle cure.

Ventimiglia

Per strada, lungo i binari, in edifici abbandonati e in spiaggia. È qui che vivono i migranti in transito a Ventimiglia dopo che le autorità hanno chiuso, lo scorso luglio, il campo di transito vicino al fiume Roja senza più offrire alcun tipo di assistenza.

Nonostante alcune carenze, il campo era l’unica forma di accoglienza istituzionale. Ora non c’è nulla. Solo le associazioni e le reti informali garantiscono pasti caldi e un punto di ristoro al confine e solo grazie al loro impegno le famiglie con bambini riescono a trovare un alloggio in città.

In città, vicino alla stazione dei treni, si trova il bar di Delia, una donna che ha aperto le porte del suo locale ai migranti. Ogni giorno Filippo, un uomo di oltre 60 anni prossimo alla pensione, viene per il caffè e per vedere se c’è qualche nuova famiglia da ospitare.

Da 1 anno, insieme a mia moglie, abbiamo aperto le porte di casa nostra. Abbiamo già ospitato più di 30 nuclei familiari. Lo facciamo per servizio. Accogliamo famiglie con bambini, donne sole, chi non ha alcuna forma di protezione e non dovrebbe mai vivere per strada”.

A 5 minuti a piedi dalla stazione c’è la sede della Caritas che offre servizi come consulenza legale, distribuzione di pasti e abiti e accoglienza per famiglie. Il Covid-19 ha avuto un fortissimo impatto su queste attività.

Siamo stati costretti a sospendere il servizio docce e i pasti sono distribuiti all’aperto. Dopo la chiusura del campo di transito la situazione è degenerata e oggi lo Stato è completamente assente. Le persone che arrivano sono stanche, stanno perdendo le speranze. Noi siamo preoccupati per il futuro, se i numeri dovessero aumentare la situazione diventerebbe critica”.Cristian PapiniDirettore della Caritas a Ventimiglia

In uno degli appartamenti della Caritas è stata accolta una giovane coppia con una bambina di 7 anni.

Originari dell’Etiopia, sono arrivati in Libia nel 2018. Il primo impatto è stato tragico: sono finiti in un centro di detenzione a Kufra per 8 mesi. Qui sono stati picchiati e torturati davanti alla figlia fino a quando la chiesa del loro villaggio di origine non ha pagato il riscatto. Segue il primo tentativo di raggiungere l’Europa: dopo due giorni in mare vengono respinti dalla guardia costiera libica.

Dopo altri 4 mesi in un centro di detenzione, riescono a scappare e lavorare come domestici. A ottobre del 2020, dopo 3 giorni in mare, l’arrivo a Lampedusa per poi proseguire, tra pullman e treni, fino a Ventimiglia.

L’alluvione di ottobre e quei corpi senza nome

A inizio ottobre una forte alluvione ha colpito Ventimiglia e nei giorni successivi sono stati ritrovati dieci corpi, otto mai identificati.

Probabilmente sono di persone in transito che dormendo lungo il fiume sono state travolte dall’acqua. Riusciamo a raggiungere le persone e le famiglie in transito grazie a una fitta rete solidale che si è costituita nel territorio. L’unica assistenza viene fornita da realtà del terzo settore. Medici Senza Frontiere ci ha fornito sacchi a pelo, coperte, scarpe e abiti che noi distribuiamo alle persone in transito, materiale per loro essenziale per continuare il viaggio in questi mesi invernali”.Luca DaminelliAttivista di Progetto 20K

Oulx

Oulx, in Alta Valle di Susa, negli ultimi 3 anni più di 10.000 persone hanno attraversato le Alpi per raggiungere la Francia. 

La pandemia di Covid-19 e il periodo di lockdown hanno portato a una diminuzione dei flussi, senza però mai interromperliIn estate almeno 500 persone, spesso provenienti dalla rotta balcanica, sono transitate per Oulx: iranianiafghani ma anche magrebini che hanno scelto questo tragitto per evitare i centri di detenzione in Libia e il rischio di naufragi nel Mediterraneo.   

Di fronte alla stazione di Oulx c’è il rifugio “Talità Kumgestito da una rete solidale di volontariaperto dalle 18 del pomeriggio alle 10 del mattino dove danno supporto anche i medici volontari di Rainbow for Africa e gli operatori legali della Diaconia Valdese

Qualche chilometro più avanti, lungo la strada che porta al confine, c’è la ex casa cantoniera, occupata da anni da alcuni attivisti per ospitare le persone in transito 24 ore su 24.

Durante l’inverno i paesaggi montani si trasformano in trappole di ghiaccio e neve per chi li attraversa”  Piero GorzaAntropologo e rappresentante per il Piemonte di MEDU

La ripresa del viaggio parte dal piazzale di fronte alla stazione dove partono gli autobus per Claviere, ultimo paese italiano sul confine da dove si cerca di raggiungere Briançon in Francia.

“Quando le nuvole sono basse, la montagna si trasforma in un muro bianco e camminare a 15-20 gradi sotto lo zero con i piedi bagnati significa rischiare la vita. L’inverno è un momento delicato e drammatico in cui tutti gli attori devono collaborare per salvare vite umane. Per fortuna questa è anche una valle con forti tradizioni di solidarietà, lotta e resistenza, diventate memoria di generazioni nel dopoguerra. In tutti questi anni ci sono stati solamente 5 morti grazie ai volontari e attivisti che prestano soccorso in montagna. È come dare un salvagente a chi sta affogando: significa evitare che la gente muoia”. Piero GorzaAntropologo e rappresentante per il Piemonte di MEDU

Bolzano

Sono circa 120 i migranti che vivono in strada a Bolzano (metà dicembre).

C’è ancora chi arriva in città per passare la frontiera, ma il Brennero è chiuso e i tentativi di attraversare il confine sono molto ridotti rispetto al passato. Sotto il ponte dell’autostrada circa 50 persone vivono in condizioni terribili, in mezzo a cumuli di immondizia, topi che corrono tra tende malconce, senza acqua né servizi igienici.

Prima che scoppiasse la pandemia di Covid-19, chi abitava qui poteva usufruire di cure grazie ad una clinica mobile e ad una mensa gestita dall’associazione Volontarius. Venivano fornite cure mediche di base e grazie alla mensa, le persone avevano un pasto caldo e un ambiente riscaldato.

Tutto questo al momento non è possibile, la mensa è stata chiusa anche se è comunque garantito loro almeno un pasto caldo una volta al giorno. 

Supportiamo Bozen Solidale con aiuti di prima necessità per persone fuori dal sistema di accoglienza, fornendo sacchi a pelo, coperte, scarpe e abiti che vengono poi distribuiti direttamente alle persone. 

Ai margini del fiume Isarco, c’è un popolo di invisibili. È qui che vive Diallo

I miei documenti sono bloccati in questura. Non posso così trovare un lavoro e senza lavoro non posso avere una casa. È una condizione di vita molto dura e in questo periodo fa molto freddo. È difficile lavarsi, mangiare. Ho lavorato in campagna per la raccolta della frutta ma adesso non è periodo e sono qui, in attesa. Alcuni di noi sono stati ospitati nelle case dei contadini ma altri, come me, si ritrovano ai margini di questo fiume. Io vorrei solo avere i miei documenti e un lavoro per vivere come tutti, non in strada. Con il Covid-19 poi la situazione è peggiorata e non sappiamo quando e se finirà”.

Issifi, originario del Niger, è stato per un periodo in Germania e in Svizzera, ma poi è tornato in Italia. A Bolzano ha vissuto in strada per più di un anno fino a quando non ha incontrato Reinerun contadino che coltiva mele biologiche, che ha deciso di ospitarlo nell’azienda agricola anche fuori la stagione della raccolta. 

Conoscere la sua storia è stato importante, mi ha arricchito e mi ha colpito ciò che ha vissuto durante il viaggio. Nessuno di noi può immaginare davvero la sofferenza che provano e le cose terribili che si vivono affrontando un percorso come quello che hanno affrontato loro. E nonostante abbiano vissuto una vita così dura, sul loro viso portano sempre il sorriso”.  ReinerContadino

Trieste

I migranti arrivati in Turchia passano Grecia, Serbia, Croazia, Slovenia percorrendo con tutti i mezzi possibili, i più a piedi, la rotta balcanica per entrare in Italia lungo il varcdi Trieste.

È lungo tali confini che uomini, donne e bambini, se intercettati, vengono respinti e il trattamento a cui vengono sottoposti, soprattutto in Croazia e Bosnia, è ormai tristemente noto.  

Trieste la maggior parte dei migranti si trattiene in città lo stretto necessario per paura dei respingimenti che vengono fatti fino a 10 chilometri dalla frontiera. Alcune persone decidono invece di restare e vengono supportate da ICS che organizza servizi di accoglienza e integrazione

Alla frontiera, lungo i sentieri tra i boschi, ci sono zaini e vestiti abbandonati, probabilmente perché sudici dopo il viaggio e ormai inutilizzabili.  

Grazie ad un passaparola che varca frontiere e idiomi, di sera i migranti in transito si ritrovano nel giardinetto di fronte alla stazione. È qui che i volontari dell’associazione Linea d’ombra e di Strada Sicura offrono bevande calde, cibo, vestiario e, quando necessario, medicano i traumi fisici inflitti ai migranti durante il loro viaggio.

Si tratta generalmente di ferite ai piedi dovute al lungo camminare con scarpe poco adatte o addirittura scalzi. Spesso, infatti, durante il viaggio vengono derubati e spogliati di tutto.

Le nostre richieste

Di fronte alla pressoché completa assenza delle istituzioni, riconosciamo l’insostituibile e spesso solitario impegno di attivistiassociazioni e comunità locali per fornire supporto e assistenza ai migranti in transito alle frontiere.

Ma è innanzitutto responsabilità dei governi adottare politiche migratorie che garantiscano assistenza e protezione, piuttosto che esclusione e sofferenza.

Le disumane condizioni di accoglienza, la violenza e gli abusi delle forze di polizia, i ripetuti respingimenti ai posti di frontiera non fermano chi è alla ricerca di una vita dignitosa, ma provocano solo sofferenza inutile e drammatiche conseguenze umanitarie. In molti casi, costruiscono le condizioni per rotte ancora più pericolose.

Alle autorità italiane, chiediamo:

  • di interrompere i “respingimenti a catena” dei cittadini stranieri intercettati alla frontiera italo-slovena per essere poi riportati a ritroso, prima in Croazia e poi in Bosnia, dove vengono abbandonati a condizioni di vita drammatiche e abusi sistematici;
  • di assicurare che le attività di polizia ai confini con la Francia, anche svolte congiuntamente con le autorità francesi, rispettino la dignità e la sicurezza delle persone e tutelino i più fragili, tra cui famiglie, donne con bambini, minori non accompagnati;
  • di garantire, in tutte le aree di frontiera, adeguati servizi di alloggio, assistenza e accesso alle cure, con misure che tengano conto delle vulnerabilità specifiche di questa popolazione e del limitato tempo di permanenza sul territorio nazionale.

    Version française 

    Ces derniers mois aux frontières du Nord de l’Italie le nombre de migrants et de réfugiés en transit augmente à nouveau considérablement.

    A l’Ouest les personnes, même en hiver, traversent les montagnes enneigées pour rejoindre la France et racontent des refoulements continus  faits par la police française, tandis que à l’Est ils arrivent après avoir parcouru à pied la route balkanique, en passant par des forêts et des petits chemins, et ils dénoncent souvent avoir été frappés par la police bosniaque ou croate.

    Même si le nombre de personnes est réduit par rapport à il y a quelques années, les humiliations, les violences, la fatigue, les vexations que les hommes, les femmes et les enfants sont contraint de subir pendant le voyage restent identiques. L’objectif d’arriver est la seule chose qui les tiennent debout, malgré tout.

    Dans les villes de frontière, les institutions sont complètement absentes et l’accueil, l’assistance humanitaire, l’aide médicale sont laissés entre les mains des activistes et des bénévoles auxquels nous mettons à disposition notre appui.

    A la mi-décembre, deux de nos équipes ont visité les principaux points de transit des migrants à Vintimille, Oulx, Bolzano et Trieste. Vous trouverez ci-dessous les témoignages recueillis et les demandes adressées aux autorités italiennes pour garantir des services adaptés d’hébergement, assistance et accès aux soins dans toutes les zones de frontière.

    Vintimille

    Dans les rues, sur la voie ferrée, dans des bâtiments désaffectés, sur la plage : c’est là que les migrants en transit à Vintimille vivent après que, en juillet dernier, les autorités ont fermé le centre d’accueil de transit, « Campo Roia », à côté du fleuve Roya sans le remplacer par quelque autre assistance que ce soit.

    Malgré certains défauts, ce centre était la seule forme d’accueil institutionnel. A présent il n’y a plus rien. Seulement les associations et les réseaux informels garantissent des repas chauds et un lieu d’accueil à la frontière, et c’est seulement grâce à leur engagement que les familles avec enfants peuvent trouver un hébergement dans la ville.

    En ville, à côté de la gare, il y a le bar de Delia, une dame qui a ouvert aux migrants la porte de son local. Chaque jour Filippo, un sexagénaire qui va prendre bientôt sa retraite, vient boire son café et voir s’il y a une famille à héberger.

    « Depuis un an, avec ma femme, nous avons ouvert la porte de chez nous. Nous avons déjà hébergé plus de 30 familles. Nous le faisons dans un esprit de service. Nous accueillons des familles avec enfants, des femmes seules, ceux qui n’ont aucune protection et qui ne devraient jamais vivre à la rue ».

    A cinq minutes de marche de la gare, il y a le siège de Caritas qui offre plusieurs services comme la consultation d’un avocat-conseil, la distribution de repas et de vêtements, ainsi que l’accueil pour les familles. La Covid-19 a eu un impact très important sur ces activités.

    « Nous avons été obligés de suspendre le service de douche, et les repas sont servis à l’extérieur. Après la fermeture du camp de transit, la situation a dégénéré, et aujourd’hui l’Etat est complètement absent. Les personnes qui arrivent sont fatiguées, elles sont en train de perdre tout espoir. Nous sommes préoccupés pour le futur, si le nombre des migrants devait augmenter, la situation deviendrait critique ». Cristian Papini, Directeur de Caritas à Vintimille.

    Dans un des appartements de Caritas un jeune couple avec une fille de 7 ans a été hébergé.

    Ilssont originaires d’Ethiopie, et ils sont arrivés en Lybie en 2018. Le premier impact a été tragique : ils sont finis dans un centre de détention à Kufra pendant 8 mois. Ici ils ont été frappés et torturés devant leur fille jusqu’à ce que l’église de leur village paye la rançon. Ils ont fait alors la première tentative de rejoindre l’Europe: après deux jours de navigation ils ont été refoulés par les garde côte libyens.

    Après encore 4 mois dans un centre de détention, ils ont réussi à s’échapper et à travailler comme domestiques. En octobre 2020, après 3 jours de voyage en mer, ils sont arrivés à Lampedusa et ils ont continué le voyage en bus et en train jusqu’à Vintimille.

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    L’inondation du mois d’octobre et ces corps sans nom

    Début octobre une grave inondation a frappé Vintimille et dans les jours suivants dix corps ont été trouvés dont huit n’ont jamais été identifiés.

    « Probablement il s’agissait de personnes en transit qui dormaient sur les berges du fleuve et qui ont été emportés par l’eau. Nous arrivons à contacter les personnes et les familles en transit grâce à un important réseau solidaire qui s’est formé sur le territoire. L’assistance est donnée exclusivement par les acteurs du troisième secteur. Médecins Sans Frontières nous a donné des sacs de couchage, des couvertures, des chaussures et des vêtements que nous distribuons aux personnes en transit, choses essentielles pour eux pour continuer leur voyage pendant ces mois d’hiver ».Luca Daminelli, activiste de Progetto 20K

    Oulx

    A Oulx, dans la Haute Vallée de Susa, plus de 10 000 personnes ont traversés les Alpes durant les derniers trois ans pour arriver en France.

    La pandémie de Covid-19 et la période de confinement ont déterminé une diminution des flux migratoires, sans toutefois jamais les interrompre. En été au moins 500 personnes, souvent  en provenance de la route balkanique, sont passées par Oulx : Iraniens, Afghans, mais aussi Magrébins qui ont choisi ce trajet pour éviter les centres de détention en Lybie et le risque de naufrage dans la Méditerranée.

    En face de la gare de Oulx il y a le refuge “Talità Kum”, géré par un réseau solidaire de bénévoles, ouvert de 18h à10h du matin, où on trouve aussi l’aide de médecins bénévoles de Rainbow for Africa et des avocats de la Diaconiese Valdese.

    A quelques kilomètres de là, sur la route qui mène à la frontière, il y a une ex-maison cantonnière, occupée depuis des années par des activistes, où les personnes en transit peuvent être hébergées jour et nuit.

    « Pendant l’hiver les paysages de montagne se transforment en pièges de glace et neige pour ceux qui les traversent »  Piero Gorza, anthropologue et représentant pour le Piémont du MEDU.

    On recommence le voyage sur la place devant la gare où des bus partent pour Clavieres, dernier village italien avant la frontière. D’ici on cherche à rejoindre Briançon en France.

    « Quand les nuages sont bas, la montagne devient un mur blanc et marcher à 15-20 degrés sous zéro avec les pieds mouillés signifie risquer sa vie. L’hiver est un moment délicat et dramatique où tous les acteurs doivent collaborer pour sauverdes des vies humaines. Heureusement cette vallée a aussi une forte tradition de solidarité, de lutte et de résistance qui est ancrée dans la mémoire des générations de l’après-guerre. Dans toutes ces années il n’y a eu que 5 décédés grâce aux bénévoles et aux activistes qui viennent au secours en montagne. C’est comme donner une bouée de sauvetage à ceux qui sont en train de se noyer : ça signifie éviter que les gens meurent ». Piero Gorza, anthropologue et représentant pour lePiémont de MEDU

    Bolzano

    Les migrants qui vivent dans la rue à Bolzano (mi-décembre) sont environ 120.

    Il y en a encore quelqu’un qui arrive en ville pour traverser la frontière avec l’Autriche mais le tunnel du Brenner est fermé, et les tentatives se sont beaucoup réduites par rapport au passé. Sous le pont de l’autoroute, 50 personnes vivent dans des conditions épouvantables, sans eau ni toilettes, au milieu de tas de déchets des rats courent parmi les tentes déchirées.

    Avant la pandémie de Covid-19, ceux qui vivaient ici pouvaient profiter des soins d’une clinique mobile et d’une cantine gérée par l’association Volontarius. Donc les personnes pouvaient avoir des repas chauds dans un local réchauffé. Maintenant tout cela n’est plus possible. La cantine a été fermée, bien qu’un repas chaud une fois par jour reste garanti.

    Nous donnons à Bozen Solidale des aides de première nécessité pour les personnes qui se trouvent en dehors du système d’accueil, comme des sacs de couchage, des couvertures, des chaussures et des vêtements qui sont distribués directement aux personnes.

    Sur les berges du fleuve Isarco il y a un peuple d’invisibles. C’est ici que Diallo vit.

    « Mes papiers sont bloqués à la préfecture de police. Je ne peux pas trouver un travail, et sans travail je ne peux pas avoir une maison. Ce sont des conditions de vie très dures et il fait très froid à cette période. C’est difficile de se laver, de manger. J’ai travaillé à la campagne pour la cueillette de fruits mais maintenant ce n’est pas la bonne période et je reste ici, en attente. Quelqu’un parmi nous a été  hébergé dans des maisons d’agriculteurs, mais d’autres comme moi se retrouvent sur les berges de ce fleuve. Je voudrais seulement avoir mes papiers et un travail pour vivre comme tout le monde, pas dans la rue. Avec la Covid-19  la situation a encore empirée, et nous ne savons pas quand et s’il y aura une fin ».

    Issifi, originaire du Niger, est allé pour une période en Allemagne et en Suisse, mais après il est rentré en Italie. A Bolzano il a vécu dans la rue plus d’un an jusqu’à qu’il rencontre Reiner, un agriculteur qui cultive des pommes en culture biologique, et qui a décidé de l’héberger dans sa ferme même en dehors de la saison de la cueillette.

    « Le fait de connaitre son histoire a été important, ce qu’il a vécu pendant son voyage m’a frappé et aussi enrichi. Personne ne peut imaginer vraiment la souffrance qu’ils ressentent et les choses terribles qu’ils vivent en faisant face à un parcours comme celui qu’ils ont affronté. Et malgré tout ça, sur leur visages il y a toujours un sourire ».  Reiner, agriculteur

    Trieste

    Les migrants arrivés en Turquie passent par la Grèce, la Serbie, la Croatie, la Slovénie en parcourant par tous les moyens possibles, la plupart du temps à pied, la route balkanique pour entrer en Italie par le passage de Trieste.

    Le long de cette frontière, les hommes, les femmes et les enfants, s’ils sont interceptés, sont refoulés, et le traitement qu’ils subissent, surtout en Croatie et en Bosnie, est désormais tristement connu.

    Trieste la plupart des migrants restent en ville le temps strictement nécessaire par crainte des refoulements que la police fait jusqu’à 10 kilomètres de la frontière. Certaines personnes décident par contre de rester, et elles sont aidées par ICS qui organise des services d’accueil et d’intégration.

    A la frontière, le long des chemins dans les bois il y a des sacs à dos et des vêtements abandonnés, probablement car ils sont très sales après le voyage, et ils ne peuvent plus être utilisés.

    Grace au bouche-à-oreille qui traverse les frontières et les langues, le soir les migrants en transit se retrouvent dans le petit jardin en face de la gare. C’est ici que les bénévoles des associations Linea d’ombra et Strada Sicura offrent des boissons chaudes, de la nourriture, des vêtements et, quand c’est nécessaire, soignent les blessures des migrants.

    Il s’agit surtout de blessures aux pieds dues à la longueur de la marche avec des chaussures non adaptées voire pieds nus. En réalité, pendant le voyage on leur vole souvent tout ce qu’ils ont.

    Nos demandes

    Devant la presque totale absence des institutions, nous reconnaissons l’engagement irremplaçable et souvent solitaire des activistes, associations et communautés locales pour donner de l’aide et de l’assistance aux migrants en transit aux frontières.

    Mais il est surtout de la responsabilité des gouvernements d’adopter des politiques migratoires qui garantissent l’assistance et la protection plutôt que l’exclusion et la souffrance.

    Les conditions inhumaines d’accueil, la violence et les abus des forces de l’ordre, les refoulements répétés à la frontière n’arrêtent pas ceux qui cherchent une vie digne, au contraire, et ça ne provoque que de la souffrance inutile et des conséquences humanitaires dramatiques. Souvent tout ça les amène à chercher des routes encore plus dangereuses.

    Nous demandons aux autorités italiennes :

    • d‘interrompre les “refoulements en chaine” des citoyens étrangers interceptés à la frontière italo-slovène qui sont ramenés en arrière, d’abord en Croatie et après en Bosnie, où ils sont abandonnés à des conditions de vie dramatiques et à des abus systématiques ;
    • d’assurer que les activités de police à la frontière de la France, même celles exécutées en entente avec les autorités italiennes, respectent la dignité et la sécurité des personneset protègent les plus fragiles, les familles, les femmes avec enfants, les  mineurs non accompagnés;
    • de garantir, dans toutes les zones de frontières, des services adaptés d’hébergement, d’assistance et d’accès aux soins, avec des mesures qui tiennent compte des vulnérabilités spécifiques de chaque peuple et du temps limité du séjour sur le territoire national.